26 ottobre 2011

Epifania

Mentre Rodolfo, il seminarista, sparecchia la tavola, don Andrea si affaccia dal balcone.
"Sempre lì la disgraziata..." dice rientrando, con un'espressione di sdegno misto a rimprovero da predica della prima domenica di quaresima.
Rodolfo finge di non capire mentre asciuga le poche stoviglie.

"Bisognerà pur fare qualcosa, avvisare i carabinieri..." insiste ad alta voce il prete, mentre indossa il giubbino e prende le chiavi.
"Io scendo, c'ho riunione con le ragazze. A più tardi."


"Le ragazze" è un gruppo di signore intorno ai cinquanta che organizza attività ricreative per i giovani della parrocchia con esiti disastrosi, almeno stando al numero di partecipanti alle attività, ormai costantemente al di sotto della decina di individui, tra cui figli e nipoti delle signore in questione.
Rodolfo non ha mai capito se Don Andrea le chiami "ragazze" perchè tutte più giovani di lui o per una forma di sottile sarcarsmo verso l'appellativo che si rivolgono vicendevolmente durante le riunioni.
Personalmente propende per la seconda ipotesi.

Solo dopo aver sentito la macchina del Don allontanarsi dalla canonica, Rodolfo si affaccia dal balcone.
La "disgraziata" è all'inizio dello stradone, dove finisce il cono di luce della tabaccheria.
Non è mal vestita, anzi ha un dolcevita bianco smanicato ed i jeans infilati negli stivali.
Quando si avvicina ai lampioni le si indovinano i capelli biondi e l'incarnato bianchissimo.

Arriva una macchina, abbassa i fari, le si ferma di fronte.
L'uomo all'interno non è visibile, la macchina è una familiare piuttosto comune..
Lei non si affaccia dal finestrino, non cerca contrattazione: soltanto sale, senza aprire bocca.

Qualcosa dentro Rodolfo gli suggerisce di rientrare, ma lui resta sul balcone, seguendo il percorso dell'auto, perdendola tra i palazzi, ritrovandola, riperdendola di nuovo, per poi riconoscerla definitivamente mentre entra nel parcheggio del cementificio abbandonato.
Di nuovo qualcosa gli suggerisce di rientrare, ma di nuovo resta fuori a seguire la scena.

Nonostante il gran giro, il cementificio è alla stessa distanza dalla canonica rispetto al luogo dove i due si sono incontrati.
L'illuminazione è quasi assente, ma comunque si riescono ad intuire le ombre dei due nell'abitacolo.
Non c'è reclinazione di sedili, non c'è tentativo di avvinghiamento.
Lui parla a lungo, con concitazione a giudicare da come gesticola.
Ogni tanto si interrompe mettendo la testa tra le mani e scuotendola lentamente.
Alla fine tira un pugno sul cruscotto e vi si abbatte sopra.

Lei è rimasta praticamente immobile dall'inizio.
Lo tira su per le spalle e lo accarezza sul viso per diversi minuti.
Dopo un po' lui si allaccia la cintura, rimette in moto ed escono dal parcheggio.

Rodolfo rientra, alla lunga l'umidità gli accentua la sinusite.
"La buona notizia è che non hanno consumato" gli capita di pensare; poi subito se ne vergogna.
C'è un pezzo di legno di pino marittimo, appeso alla parete della cucina, che reca l'incisione:
"Vi farò pescatori di uomini"
Si guarda le mani curate e diafane: non recano segni di reti.
Si volta verso la tabaccheria: la disgraziata è di nuovo lì, avanti e indietro sotto ai lampioni in attesa di altri clienti.

Strappa il legno dalla parete e lo butta nel camino.
Poi indossa il giubbino ed in fretta abbandona la canonica.

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