31 gennaio 2012

Uno sguardo

Donna, ed indissolubilmente Femmina.
Di femminilità che avvampa dalle viscere della Terra
corre lungo la traiettoria delle gambe,
sbanda sinuosa sui fianchi,
per un attimo si avvolge su seni ed addome,
ma poi subito si arrampica per la parete del collo
e con inspiegabile energia
sgorga, effonde dagli occhi
fino a invadere con irruenza di presenza fisica
lo spazio circostante.

Non una corazza,
nè uno scafandro,
nè senz'altro il burka
che mi è stato cucito addosso
potranno mai arrestare questo prodigio.


23 gennaio 2012

Macerie

Natale al 25 di gennaio.
Natale di luci già smontate e vacanze già godute.
Natale di piazze vuote e vento gelido che le spazza.
Natale di poco fumo dai camini e negozi chiusi prima della sera.

Natale di transenne, di ponteggi e di lavori fermi prima di iniziare.
Natale di pilastri inclinati e di travi spezzate.
Natale di una strada che nessuno più percorre, di un posto che nessuno vuole più guardare.
Natale di un albero che lo tiene ancora acceso, se lo attacca addosso come un malato terminale.
Natale degli innocenti di cui fu fatta strage sotto e intorno alle macerie della Casa dello Studente.

Ci sono state sedie vuote davanti a posti apparecchiati e famiglie che non hanno saputo per chi addobbare i propri salotti e dove deporre i propri regali.
Alla fine l'albero l'hanno fatto qui, via XX Settembre 46.
Ed oggi - 25 gennaio 2012 - nessuno trova la forza di spegnerlo.

18 gennaio 2012

Lucidità

"Naviga in acque ristrette avendo sempre pronta una manovra di riserva".

Non è scritto su uno dei manuali di navigazione che ho studiato: me lo diceva mio nonno quando mi portava con il gozzetto a vela tra le scogliere e la spiaggia di Sorrento.
Io la manovra di riserva non ce l'ho avuta.

La Nave non gradisce acque basse.
Ce l'ho portata come un cavallo al trotto che storce il collo per non guardare a cosa va incontro.
Le ho aperto una ferita mortale nell'opera viva e questo danno alla mia creatura non me lo perdonerò, mai.
Lì finisce ed incomincia un'esistenza.

Per prima cosa ho cercato di chiamare il direttore di macchine per avere una stima del danno: inutile, era già partito autonomamente verso i doppi fondi.
Per seconda cosa mi sono imposto di mantenere la calma e di evitare il panico, almeno sul ponte di comando.
Per terza cosa ho risposto all'interfono - il direttore di macchine che gridava di evacuare la Nave.
Per quarta cosa ho fatto diramare l'annuncio di un problema elettrico ed intanto mi sono messo in contatto con la compagnia di navigazione.

La conversazione è stata lunga, concitata, interrotta più volte, con ordini discordanti sul da farsi.
Mi hanno detto di prendere tempo: ci saremmo risentiti a stretto giro.
Il primo ufficiale intanto ha risposto all'interfono - di nuovo il direttore di macchine che gridava di mettersi in salvo, subito, perchè non c'era altro da fare.
La Nave - i motori ormai fermi - iniziava a sbandare su di un fianco, come il corridore che si accascia subito dopo il traguardo: in quell'istante ho avuto la certezza che l'avrei persa.
Intanto la bassa forza veniva su dalla sala macchine, dai primi piani e per conto suo metteva mano alle scialuppe di salvataggio.

Per quinta cosa sono uscito fuori di corsa, urlandogli contro che ero ancora io il comandante, davo ancora io gli ordini.
Più urlavo, più loro continuavano imperterriti, più finivo per richiamare l'attenzione degli altri ufficiali e del personale di bordo che iniziava a sbucare sul ponte con aria incredula e preoccupata.
Per sesta cosa mi sono avventato contro quello di loro che armeggiava con il dispositivo di manovra delle scialuppe, ma quello, abituato ai lavori pesanti, in un attimo mi ha preso e scaraventato a terra.

Per settima cosa me li sono visti tutti addosso.
Ho pensato che finisse così, buttato in mare dal ponte principale.
Poi è sbucata la mano tesa del primo ufficiale: "Comandante salga sulla scialuppa ed abbandoni la nave.
Assumo io il comando."

Per ottava cosa mi sono tolto la giacca, per nona il cappello.
Per decima cosa, sottovoce gli ho detto: "Getta le ancore, che la corrente porta a terra".



Lascio volentieri alla Giustizia
il compito di emettere sentenze.

14 gennaio 2012

Metastoria

Storia di tutte le storie, e dunque storia pure di se stessa.

Nessuna storia è uguale alle altre.

Salgono improvvise come zampilli di lava dalle pendici del vulcano contro la notte buia.

Alcune le intercetto prima che ricadano.
Con altre non faccio in tempo: tornano a ribollire all'interno del cratere.

Ma, mesta e rimesta, la lava è sempre quella.
Attendo nuove e più impetuose eruzioni.


10 gennaio 2012

In fin dei conti

In fin dei conti non è un cattivo mestiere, "Compro Oro".

In fin dei conti il prezzo d'acquisto non sarà quello di mercato, ma neppure è una miseria.
Certo, ho un profitto sulla differenza tra il prezzo a cui acquisto e quello a cui rivendo ma in fin dei conti questo è il mercato, bellezza: dovrò pure ripagarmi le spese vive, il fitto del locale, l'indennità di cassa....

A dire il vero lo descrivono come un lavoro rischioso, ma a nessuno è mai saltato in mente di venire a toccare i soldi che custodisco - e, in fin dei conti, sono tanti; ma io non ci sono attaccato morbosamente, come gli altri: i soldi vanno e vengono (anche se, in fin dei conti, preferisco quando vengono).

Non tocca a me indagare sulle fonti da cui arriva il denaro che utilizzo: in fin dei conti non sono il padrone di tutta la catena, sono soltanto un negoziante affiliato.
E nemmeno mi interesso sulla provenienza dell'oro che acquisto: a me basta che mi si esponga un documento di riconoscimento che, in fin dei conti, neanche guardo.

In fin dei conti, alle volte faccio pure del Bene.

Capitano i disperati che hanno venduto tutto.
Tutto.
Pure le fedi si so venduti, ma gli servono ancora soldi.

Ed io presto.
Al 15, alle volte al 20.
Mica molto di più delle banche, in fin dei conti...


2 gennaio 2012

Svelato

Mi piace concludere le mie visite guidate qui, al centro della Cappella Sansevero, intorno a questo straordinario Cristo Velato del Sammartino che un genio assoluto come Canova provò in ogni modo ad acquistare, senza riuscirci.
Mi piace qui, perchè questa cappella è per me l'ombelico di Napoli: l'immagino come un tappo che - se sollevato - aprirebbe una voragine in grado di inghiottire la Città.

Vi lascio ammirare la perfezione ed il realismo incredibile della statua senza aggiungere nulla sull'opera, perchè ogni parola è superflua.

Una cosa invece la voglio dire sul significato che assume la statua nel contesto della cappella.
Se è vero, come ci siamo detti finora, che qui dentro è delineato chiaramente un percorso iniziatico per massoni - sia pure utilizzando messaggi e simboli ancora non del tutto decifrati - cosa c'entra allora questa statua?
Gli studiosi si dividono in due fazioni: alcuni sostengono che il Cristo Velato sia l'immagine stessa della Verità che traspare ma non si svela se non agli spiriti eletti; altri avanzano l'ipotesi che si tratti di una sorta di mausoleo che il Principe si è fatto costruire in vita - in questo caso la figura di Cristo alluderebbe alla carica di Gran Maestro che il Principe ha ricoperto fino all'editto di scioglimento della Massoneria napoletana.

Secondo voi di che si tratta? Della Verità o del Gran Maestro?
Quella che vi ho raccontato è Storia o è Leggenda?
E il principe era uno Scienziato o uno Stregone?

...

Alla fine di questo percorso ho deciso di svelarvi il vero segreto di Napoli.

Napoli è l'orizzonte del golfo spalancato sul lungomare ed il buio nei vichi dei quartieri.
Napoli è la disperazione della periferia e lo splendore di Piazza Plebiscito.
Napoli è elaborata come una sfogliatella e veloce come una pizza.
Napoli è madre e matrigna, con una mano schiaffeggia e con l'altra abbraccia.

Anche le persone qui sono così, guardatele in faccia: hanno personalità di ogni gradazione di colore dal bianco al nero.
Sì, è vero, forse il bianco puro non lo troverete da nessuna parte... ma vi assicuro che neppure la faccia più truce qui è mai dipinta di nero assoluto.
Questa è Napoli, se la vorrete leggere così: un immenso affresco, una gigante opera d'arte vivente.

E la statua davanti a noi ne è, evidentemente, la sintesi migliore.