22 luglio 2012

Discorso della montagna

Le bandiere, le urla, i fischi e i tamburi.
La piazza gremita e la folla su per le strade, fin dove si perde lo sguardo.
Il segretario estrae il discorso dal taschino ed inforca gli occhiali.
Primo gradino, secondo gradino, terzo gradino.
Tira un sospiro, schiarisce la voce.

Dal fondo, come un contagio, il silenzio invade la piazza.
Silenzio in faccia agli esodati ed ai disoccupati organizzati.
Silenzio dove ballavano i ragazzi dei centri sociali.
Silenzio scuro sul volto dei minatori del Sulcis, silenzio e salsedine sulla faccia degli operai Fincantieri.

Un colpo di vento - forse - e il discorso vola dal leggio, si apre in cento fogli che iniziano a ballare su quella scia di teste.

Il segretario ci pensa un istante, alla fine inizia.
 "Sollievo a voi cassaintegrati, perché il vostro apporto sarà riconosciuto essenziale.
Sollievo a voi esodati, perché meritate rispetto per il servizio che avete svolto per anni.
Sollievo a voi pensionati, perché la dignità che dobbiamo garantirvi deriva dai vostri sforzi per questo Paese.
Sollievo a voi giovani in cerca di lavoro, perché il vostro futuro è in realtà quello di noi tutti.
Sollievo a voi precari vessati, a voi che ad ogni fine mese rimescolate il mazzo del vostro futuro, a voi in attesa della paga che vi spetta di diritto, perché la bontà del lavoro, alla quale oggi vi aggrappate come ad una scialuppa, vi rende l'unica vera risorsa che questo Paese possa dire di avere."


10 luglio 2012

La marcia sui ROM

E come, non me lo ricordo il primo incendio al campo Rom?
Io dodici anni tengo, o ti pensi che sono ancora nu muccus?

C'avevo 9 anni quando successe.
Mi ricordo che dopo mangiato andavamo al deposito dei container, scavalcavamo un pezzo di muro in un punto dove avevamo levato tutti i cocci di vetro da sopra e andavamo a giocare a pallone finacché non veniva Buio.
Poi, quando scurava notte, ci arrampicavamo llà 'ncopp e, invece di guardare il Mare, che già non si arrivava a vedere più, ci giravamo verso Ponticelli.
Mammamia, a me parev ll'Inferno, con le luci arancioni da tutte le parti, le fiamme grosse che si alzavano ogni tanto dalla torre della Esso o da quella della Cu-eit, e intorno le colonne di fumo della monnezza che bruciava nei cassonetti.
Restavamo fino a tardi là sopra che di tornarcene qua al vico, in otto per ogni casa, nessuno di noi ne teneva mai voglia.

Mi ricordo che quella sera tu stavi a casa, era il periodo dei domiciliari.
Che io ti diciett: "Papà, ho visto una colonna di fumo verso il campo degli zingari, ma che era? Mica era nera e pesante come quelle della monnezza?".
E tu mi rispondesti: "Cambia solo quello, a papà, o'culor r'o fummo..."

Poi ti alzasti del tavolo della cucina - mi ricordo che tenevi la canottiera senza averci ancora a Padre Pio sul braccio - apristi la finestra e sputasti in mezzo alla via.
"Se qualcuno ti chiede qualcosa nun fa o'fess, dici che l'hai vista pure tu alla zingara che rapiva i bambini..."


Come fanno quotidianamente con la munnezza che prova ad invadere le loro case.
Non so se vada punito prima chi ha compiuto il gesto vilissimo,
o chi ha giurato ad ogni giornalista ed in tutte le trasmissioni
di aver visto ladri di bambini.

Forse sceglierei i secondi, che sono un rigenerante per la Camorra.
Anzi, in fin dei conti, sono essi stessi La Camorra.

3 luglio 2012

Gelosia

Nell'aula B del politecnico pochi neon resistono al progressivo spegnimento, pochi banchi allo smantellamento, pochi studenti all'afa di metà giugno.

Costas tira una riga dritta in alto sul foglio a quadretti e sopra ci appunta la data ed il nome del Professore che, in perfetto orario, entra dalla porta laterale.
Lo osserva sfilarsi con calma la giacca pregiata ed appenderla con cura ad un chiodo conficcato nella parete.
Il professore si rivolge agli studenti - li chiama già Ingegneri, con la "i" maiuscola - scusandosi per il fatto che sarà costretto dal caldo a tenere la lezione in maniche di camicia.

In una breve pausa guadagna il centro della cattedra, poi riprende:
"La parola più bella d'Europa è senz'altro Gelosia.
Gelosia nasce sull'altura di Masada, nel deserto israeliano, nel cuore del nulla,dove la setta degli Zeloti costruì la sua città stato.
Si trattava di una roccaforte completamente autosufficiente, dotata di enormi cisterne e granai, del tutto isolata dal resto del mondo.
Essa cadde solo dopo un lunghissimo assedio da parte dei Romani: gli Zeloti preferirono il suicidio di massa piuttosto che contaminarsi con un altro popolo.

La parola Gelosia però sopravvisse a quella strage.
Il clamore suscitato da quell'evento fece sì che in Grecia si iniziasse ad usare il termine Zelota per indicare chi era mal disposto alla condivisione. La parola, poi, fu importata a Roma - Zelosus - e più tardi in Spagna - Celoso -, in Francia - Jealous - e perfino oltre Manica.

La parola che indica la minima volontà di condivisione è pure quella più comune tra i popoli europei.

La seconda parola più bella è Europa, appunto, che naturalmente senza i Greci e la Grecia non esisterebbe neanche.
Questo credevo di dovervi dire."

Senza prender fiato, il Professore si volta verso la lavagna.
Costas fin qui ha scritto tutto, parola per parola.
Non tira altre linee sul foglio, ma proprio sotto quegli appunti, continua e scrive: "Teorema di Gauss".