Ho venduto i gioielli che mi aveva lasciato mia madre per pagare qualche rata di mutuo.
Come una tossica, ho rubacchiato di nascosto dalla pensione di mio padre quando gli strozzini mi venivano a cercare.
Ho svolto il mestiere di strada per mantenere i figli agli studi.
Perfino un rene mi son fatta levare per garantirgli le cure mediche.
Li ho lasciati insediarsi con i lori macigni di cemento nel blu intenso di Taranto e di Bagnoli.
Li ho osservati vomitare incuranti per anni scarichi gialli e marroni nel Sarno e nel Volturno.
A mani nude ho aiutato le loro ruspe a sventrare la mia terra, dal Sulcis alla Val d'Agri.
Ho impastato tutto il cemento che hanno colato da Scalea a Diamante, e poi sui templi di Paestum e Agrigento.
Quando volevano andarsene, li ho supplicati di tornare a renderci ancora l'aria irrespirabile ad Aversa e ad Augusta.
Di continuare a raffinare petrolio nel golfo di Milazzo.
Di restare a vessarci a Pomigliano e Termini Imerese.
Oggi mi scopro straniera alla mia vita, immigrata nella mia Terra.
17 agosto 2012
Sperpero
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