18 gennaio 2012

Lucidità

"Naviga in acque ristrette avendo sempre pronta una manovra di riserva".

Non è scritto su uno dei manuali di navigazione che ho studiato: me lo diceva mio nonno quando mi portava con il gozzetto a vela tra le scogliere e la spiaggia di Sorrento.
Io la manovra di riserva non ce l'ho avuta.

La Nave non gradisce acque basse.
Ce l'ho portata come un cavallo al trotto che storce il collo per non guardare a cosa va incontro.
Le ho aperto una ferita mortale nell'opera viva e questo danno alla mia creatura non me lo perdonerò, mai.
Lì finisce ed incomincia un'esistenza.

Per prima cosa ho cercato di chiamare il direttore di macchine per avere una stima del danno: inutile, era già partito autonomamente verso i doppi fondi.
Per seconda cosa mi sono imposto di mantenere la calma e di evitare il panico, almeno sul ponte di comando.
Per terza cosa ho risposto all'interfono - il direttore di macchine che gridava di evacuare la Nave.
Per quarta cosa ho fatto diramare l'annuncio di un problema elettrico ed intanto mi sono messo in contatto con la compagnia di navigazione.

La conversazione è stata lunga, concitata, interrotta più volte, con ordini discordanti sul da farsi.
Mi hanno detto di prendere tempo: ci saremmo risentiti a stretto giro.
Il primo ufficiale intanto ha risposto all'interfono - di nuovo il direttore di macchine che gridava di mettersi in salvo, subito, perchè non c'era altro da fare.
La Nave - i motori ormai fermi - iniziava a sbandare su di un fianco, come il corridore che si accascia subito dopo il traguardo: in quell'istante ho avuto la certezza che l'avrei persa.
Intanto la bassa forza veniva su dalla sala macchine, dai primi piani e per conto suo metteva mano alle scialuppe di salvataggio.

Per quinta cosa sono uscito fuori di corsa, urlandogli contro che ero ancora io il comandante, davo ancora io gli ordini.
Più urlavo, più loro continuavano imperterriti, più finivo per richiamare l'attenzione degli altri ufficiali e del personale di bordo che iniziava a sbucare sul ponte con aria incredula e preoccupata.
Per sesta cosa mi sono avventato contro quello di loro che armeggiava con il dispositivo di manovra delle scialuppe, ma quello, abituato ai lavori pesanti, in un attimo mi ha preso e scaraventato a terra.

Per settima cosa me li sono visti tutti addosso.
Ho pensato che finisse così, buttato in mare dal ponte principale.
Poi è sbucata la mano tesa del primo ufficiale: "Comandante salga sulla scialuppa ed abbandoni la nave.
Assumo io il comando."

Per ottava cosa mi sono tolto la giacca, per nona il cappello.
Per decima cosa, sottovoce gli ho detto: "Getta le ancore, che la corrente porta a terra".



Lascio volentieri alla Giustizia
il compito di emettere sentenze.

5 commenti:

  1. non lo so, pà. non lo so se sbagliamo noi a caccia del mostro, noi che alle 21,37 siamo ancora a qua a riempiere le pagine, noi con l'ansia delle copie che calano. oppure se sbaglia chi crede che dopo anni una nave si trasformi in un animale addomesticato, che solo perchè quella rotta l'hai fatta mille volte allora puoi prenderla con leggerezza. non lo so. se un chirurgo alla 100esima operazione la prendesse sottogamba cosa diremmo?

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  2. Fra' l'errore è madornale ed è sotto gli occhi di tutti: c'è un bestione spiaggiato contro un'isola minuscola e manca uno scoglio dove prima c'era, salvo ritrovarlo alla fine di un groviglio di lamiere.
    Da lì in poi ho difficoltà a prendere per oro colato la versione di chi faceva il filmino col cellulare mentre calavano le scialuppe ed anche ad accettare che si definisca eroe un tale che urlava ordini al telefono seduto nella sua sala di comando.

    Credo - e questo ho provato a scrivere, inventandomelo - che la realtà sia stata più complessa di così e che finchè sussiste un margine di incertezza, il silenzio è preferibile agli insulti gratuiti.

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  3. ho pensato tutta la notte alle signore di meta che ora s'indignano e se la prendono con i cameramen - che per arrivare in quel paese sperduto si sono fatti chilometri in macchina, restando a bocca aperta per il panorama che gli si è spalmato davanti agli occhi dopo qualche curva a Scutolo - mentre quando c'era il delitto di avetrana o quello di cogne passavano ore a discutere in mezzo al casale di chi è innocente e chi è colpevole, e facevano la corsa dal giornalaio per comprare l'ultimo numero di "Chi" con l'intervista al testimone che ha fatto il filmato con il telefonino di turno.
    il silenzio non lo hanno mai voluto quelle stesse persone che oggi lo chiedono.

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  4. ...ma non puoi escludere che oggi lo abbiano imparato, però...

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  5. dici che s'impara? in questo mondo mi pare che nessuno impari mai dalle cazzate fatte...

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