29 novembre 2011

Lamantide

Bella è bella, Elena, anzi bellissima: la grazia dei lineamenti rubata ai pittori rinascimentali, la misura dei modi all'aristocrazia inglese del primo '900, la prepotenza delle forme a qualche antica divinità greca.
Lei, ben consapevole di tutto ciò, sceglie di mostrare verso se stessa una misurata noncuranza che la rende - più che irresistibile - fatale.

Alla fine del lungo corso lui, appoggiato alla moto parcheggiata davanti alla gioielleria, tamburella con le dita su un piccolo pacchetto.
Prima ancora di vederla, si accorge delle sua presenza osservando le reazioni dei ragazzi, dei mariti e di conseguenza delle mogli in fondo alla strada.
Ostentando disinteresse per quel piccolo tumulto, lei avanza a passo svelto, lanciando furtivamente occhiate al suo riflesso nelle vetrine per verificare che la ciocca di capelli che le scivola dal basco sulla fronte abbia esattamente l'aspetto voluto.
Lui la vede, sospira, nasconde il pacchetto in una tasca.

In seconda media Elena si innamorò di Sebastiano.
Lo desiderò con un'intensità che non aveva ancora conosciuto.
Fece di tutto per procurarsi un incontro al quale lui, timido ed introverso, si presentò con lo sguardo di chi si consegna completamente.
Era all'uscita di scuola, un giovedì di marzo.
Mentre Sebastiano le andava incontro, Elena sostenne un istante in più lo sguardo di Martino, due anni più grande ma ripetente, che metteva in moto un Sì Piaggio scassato trattandolo come se fosse una Ducati.

"L'amore è una scala che bisogna percorrere finchè se ne hanno le forze.
L'amore, dopotutto, è questione di tempo."

La mantide femmina cannibalizza il suo partner durante l'accoppiamento.
Pare che lo faccia per avere risorse sufficienti per una buona ovulazione.
Mentre viene fatto vivanda, il corpo del maschio - la testa mezza mangiata - persevera nello sforzo riproduttivo.


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