15 novembre 2011

Conquistadores

Sale l'aroma del caffè e si espande per la vallata deserta.
Oltre al gorgoglìo della moka, più nulla per chilometri intorno: fa quasi rumore lo spuntare del giorno.

Indosso tutto i panni che ho portato ma, nonostante questo, non riesco a staccarmi dal bivacco; eppure mi offro volontieri per la guardia dell'alba, quella più fredda.
Stanotte veglio su un'insolita carovana, distaccamento ad Herat di Caserta e Monopoli, avamposto afgano di Villasimius, Isernia e Cosenza.
Costretti da ordini superiori ad accamparci in un punto di coordinate ben definite, concordate con il Comando Internazionale, per poi riprendere il cammino verso Kabul domattina.
Il GPS conferma che il punto è esattamente questo, lungo l'unica strada nel mezzo dell'enorme deserto, uguale a se stesso per centinaia di chilometri.

Perchè qui?
Non l'accampamento, quello è impossibile da capire.
Proprio io: perchè io qui?

Fidanzato dalle medie con Susanna, diplomato con un anno di ritardo, un'estate senza mare per preparare l'esame nell'Esercito, con papà addosso a ripetere che il posto fisso era oro e mamma ad urlare che non voleva il figlio soldato.

La raccomandata aperta seduto al tavolo della cucina, senza capire se piangere o festeggiare.
Susanna che: "Prendere o lasciare".
Un matrimonio messo in piedi in tre mesi, preparando il vestito ma anche il borsone mimetico.
Un paio di giorni fuori stagione tra Ischia e Capri, la fede da stringere.
"La ritiro quando torno, Susy...".
Un tremito nella voce che non doveva esserci.

Quando torno non mi riconoscerai, Susy.
In mezzo a questo stesso deserto si trovano mine che riescono a sventrare un blindato e sorrisi di bambini in grado di farti saltare il cuore fuori dal petto per una Goleador.
Per queste stesse piste si incontrano mercenari armati fino ai denti dai russi e contadini che ti offrono l'infinitesima frazione d'acqua di cui dispongono.
E le donne, vessate con i burka, compatite da tutto l'occidente, portano nello sguardo una fierezza mai incontrata altrove, insieme alla consapevolezza di non dovere spiegazioni della loro povertà.

Fatti i conti, tre anni di missione dovrebbero bastarci a comprare una casetta a Marcianise o a Santa Maria.
Oppure potremmo venircene qua, e allora ci varrebbero una Vita.

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